Il concetto di qualità è solo apparentemente
chiaro e univoco, in realtà è fortemente ambiguo e
soprattutto è inscindibilmente legato al contesto culturale
in cui si colloca. I nostri parametri di riferimento nel giudicare
un alimento come "buono" o "cattivo" sono così
connaturati nella nostra cultura da farceli sembrare ovvi e obiettivi,
ma ci basta allontanarci un po' dal nostro ambiente per vedere quanto
diversi o addirittura opposti possano essere i criteri di valutazione.
In realtà per un alimento i soli criteri
obiettivi di qualità, che rimangono validi in tutti i paesi
e per tutte le categorie di consumatori, sono essenzialmente due:
- Autenticità: che l'alimento non sia adulterato,
cioè, nel caso del miele, che sia veramente miele.
- Salubrità: che non contenga sostanze dannose per
la salute.
Su questi punti sono più o meno tutti d'accordo,
ma per ogni altra proprietà si entra nel campo del soggettivo
e dell'opinabile.
Possiamo schematicamente individuare due modelli
base di riferimento per la qualità del miele: il modello
europeo e quello americano.
Per gli europei il concetto di qualità,
soprattutto per un alimento naturale come il miele, è fortemente
legato alla genuinità e all'integrità del prodotto
con tutte le sue particolari fragranze. Il miele migliore è
quello appena uscito dai favi, e quindi in generale qualunque intervento
che lo modifichi, allontanandolo dalla sua condizione originaria,
è visto come un peggioramento.
Ma negli Stati Uniti le cose cambiano notevolmente.
Qui è prioritario l'aspetto igienistico: tanto più
un alimento è asettico, tanto meglio. E quindi sono ampiamente
usati trattamenti termici, ultrafiltrazione, pastorizzazione, e
quant'altro renda il miele uno sciroppo di bell'aspetto, liquido,
perfettamente trasparente, omogeneo, limpido e sterile. Che alla
fine non sappia più di miele, poco importa.
Oltre a questi modelli-base, dovuti in gran parte
ad elementi di tipo culturale, vanno poi considerati altri fattori
che possono essere legati a particolari condizioni climatiche o
a livelli tecnologici più o meno evoluti, o più semplicemente
all'abitudine a un determinato prodotto.
Nei paesi tropicali, ad esempio, il miele ha sempre
un contenuto d'acqua molto elevato, spesso superiore al 25 %, cosa
che unita alle elevate temperature ambientali, lo rende estremamente
fluido, tanto che viene abitualmente confezionato in bottiglia:
apparirebbe molto strano ai consumatori locali un miele cristallizzato.
Il fatto che in queste condizioni il miele vada incontro a fermentazione
con estrema facilità non è considerato un grave inconveniente.
In alcuni paesi è normale costruire le arnie
con materiali "discutibili', come sterco e paglia, e nell'estrazione
del miele non si distingue particolarmente fra miele, cera, polline,
api o covata: la presenza di materiali "estranei" non
viene giudicata così negativa.
Altri esempi possono riguardare le preferenze per
il colore e l'intensità aromatica: in alcuni paesi vengono
considerati migliori i mieli più scuri e di sapore più
intenso, in altri quelli chiari dal gusto più delicato. Talora
il colore viene addirittura considerato un parametro di qualità.
Non vanno poi trascurati elementi di carattere
più strettamente individuale, influenzati dal gusto, dall'affettività
e dalle esperienze personali di ognuno, che possono portare ad associare
un sapore, o in generale una percezione sensoriale, a un giudizio
di "buono" o "cattivo" in funzione del contesto
affettivo, positivo o negativo, cui quel sapore o quella sensazione
sono legati. Si tende in definitiva a sovrapporre e confondere il
concetto di qualità a quello di gusto: il miele
migliore è quello che mi piace di più.
Infine, dal punto di vista di chi il miele lo vende,
si può dire che il prodotto migliore è quello che
soddisfa di più le richieste e le aspettative del consumatore:
si tende cioè a identificare la qualità con ciò
che si vende di più e rende meglio... e anche questo è
un criterio, e non necessariamente dei peggiori.
Dopo questa premessa, appare chiaro che prima di
poter parlare di qualità dobbiamo stare molto attenti a precisare
il contesto culturale nel cui ambito ci muoviamo. In secondo luogo,
dovremo individuare dei criteri di riferimento ben definiti e possibilmente
rilevabili e quantificabili in modo oggettivo.
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