Il miele deve potersi conservare senza alterarsi
per un periodo di tempo relativamente lungo, almeno quello che intercorre
fra una stagione produttiva e la successiva (un anno) e ciò
è possibile se il contenuto in acqua è sufficientemente
basso da non consentire lo sviluppo dei lieviti osmofili, sempre
presenti in una certa misura nel miele. Se infatti questi lieviti
hanno la possibilità di moltiplicarsi, il miele va incontro
a quello che può considerarsi uno dei più gravi inconvenienti,
la fermentazione.
Il limite di umidità che garantisce il miele
dalla fermentazione è 17%, ma se il numero di lieviti presenti
nel miele non è eccessivamente elevato, il 18% rappresenta
una garanzia sufficiente. A livelli superiori di umidità,
anche una carica microbica modesta rischia di dare avvio al processo
fermentativo, a meno che il miele non venga conservato a bassa temperatura
o stabilizzato attraverso trattamenti termici (pastorizzazione).
Generalmente le api opercolano le celle dei favi
solo quando l'umidità del miele in esse contenuto è
sufficientemente bassa da garantirne la conservabilità, vale
a dire inferiore al 18%. In linea di massima quindi, se l'apicoltore
preleva solo favi opercolati, il problema dell'umidità non
si pone. Tuttavia, in casi particolari, se la stagione è
eccezionalmente umida, o nel caso di mieli che si producono in tardo
autunno o all'inizio della primavera, può accadere che le
api opercolino miele con un'umidità superiore al 18%. In
questi casi è comunque possibile, e senz'altro consigliabile,
ottenere una riduzione dell'umidità intervenendo con moderne
tecniche che consentono la disidratazione del prodotto senza deteriorarlo.
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