Segue la descrizione di 39 mieli uniflorali che
si producono in Italia con minor frequenza rispetto a quelli descritti
nella parte precedente e per i quali il livello di conoscenza è
molto diverso.
Su questi prodotti vengono riportate informazioni
derivanti sia dalla bibliografia che dall'esperienza personale degli
autori.
La fonte dell'informazione è citata, accanto
alla stessa, solo quando questa contiene dati di tipo numerico o
quantitativo; negli altri casi si rimanda alla bibliografia generale
di questo capitolo.
La descrizione si riferisce principalmente alle
caratteristiche osservate su mieli prodotti in Italia e spesso si
basa su un numero di campioni molto ridotto: può essere quindi
generalizzata solo con prudenza.
In alcuni casi, per fornire un profilo più
completo del prodotto, si è ritenuto utile riportare anche
i dati relativi ad analoghe produzioni di altri Paesi, per esempio
per i mieli comuni all'estero ma rari in Italia. In questo caso
si dovrà tenere conto delle possibili diversità dovute
alla zona di produzione e alle metodologie analitiche seguite, che
non consentono né di trasferire automaticamente i limiti
proposti, né di confrontarli numericamente con i corrispondenti
dati delle schede di caratterizzazione.
L'elenco dei possibili mieli uniflorali italiani
non è comunque esaustivo e, in maniera occasionale e quantitativamente
limitata, sono possibili anche altre produzioni uniflorali qui non
citate.
Sono state volutamente tralasciate alcune specie
che vengono indicate dai produttori come fonti di mieli uniflorali,
ma per le quali le osservazioni ad oggi non sono sufficienti a confermarne
l'esistenza e le caratteristiche.
Per esempio specie per le quali è dubbia
la produzione significativa di nettare (cisto e mirto) o che raramente
raggiungono una densità o estensione sufficiente a saturare
la zona di raccolta (melone, radicchio, biancospino), o con polline
così iporappresentato da non permettere la verifica dell'origine
botanica con il tradizionale metodo melissopalinologico (epilobio,
fico d'india), o per i quali, semplicemente, le caratteristiche
melissopalinologiche osservate non hanno permesso di confermare
l'origine proposta (acero, menta, origano).
Bisogna notare che è abbastanza comune,
da parte degli apicoltori, la tendenza ad attribuire a una sola
origine produzioni che in realtà sono dovute a molteplici
fonti, per superficialità nell'osservazione o scarsa considerazione
dell'importanza della corretta denominazione nella commercializzazione
del miele.
È frequente quindi il caso di mieli presentati
con denominazioni botaniche insolite che, all'analisi, non risultano
confermate.
È forse utile ricordare che la denominazione
di origine botanica deve essere relativa non solo a una prevalenza
nella raccolta, che deve essere stimata dal produttore con una osservazione
attenta, ma anche alla presenza, nel prodotto ottenuto, di caratteristiche
organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche corrispondenti all'origine.
Nel caso di mieli particolarmente insoliti e rari,
per i quali non siano già note al produttore le caratteristiche
organolettiche distintive, risulta quindi indispensabile far precedere
la commercializzazione con una denominazione botanica specifica,
da un controllo di laboratorio sulle caratteristiche analitiche
del prodotto.
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